Il pandolce genovese, particolarmente legato alle festività natalizie, è uno dei dolci tipici della tradizione ligure.
Sulle sue origini non ci sono certezze assolute ma molti le fanno risalire addirittura ai tempi dell’antico Egitto e della Grecia dove era diffuso un dolce simile a base di miele.
La ricetta del pandolce genovese sarebbe una rivisitazione di un antico dolce persiano, (forse quello che era conosciuto come “pane con lo zibibbo” guarnito con l’uva secca e i pinoli e poi successivamente dai canditi) che secondo la tradizione di quel popolo, veniva offerta al re il giorno di Capodanno da un bimbo.
Ma la prima assoluta quasi certamente è legata al periodo della fondazione della Repubblica di Genova.
Leggenda vuole che sia nato nel ‘500 dopo una sorta di concorso indetto da Andrea Doria tra i maestri pasticceri di Genova. Dovevano infatti creare un dolce nutriente e in grado di conservarsi nel tempo dovendolo portare a bordo nei lunghi viaggi in mare. Ecco così che viene fuori una sorta di pane lievitato con frutta candita, uva passa, pinoli e semi di finocchio.
Che la sua origine sia questo oppure no, poco importa. Di sicuro è un dolce che si tramanda da secoli e che ancora oggi è assoluto protagonista sulle tavole durante le festività.
In passato si preparava per Natale ed era un dolce piuttosto povero. Venivamo infatti usate solo solo farina, olio, miele, uva passa, acqua di fiori d’arancio, semi di anice e lievito naturale. Con il passare del tempo sono state aggiunte le scorze di arancia e cedro candite, il burro al posto dell’olio e il miele è stato sostituito con lo zucchero.
Può essere basso o alto a seconda del tempo di lievitazione ma in entrambi i casi l’impasto è arricchito da pinoli, uvetta e frutta candita.
CURIOSITA’
La tradizione prevede una sorta di rito al momento dell’arrivo in tavola del pandolce genovese. Un rito che molto probabilmente arriva, come abbiamo visto prima, dalla lontana Persia.
Deve infatti essere il più giovane della famiglia a togliere il ramoscello di ulivo o di alloro (simbolo di benessere e fortuna) messo sul pandolce. A questo punto sempre il bambino deve consegnarlo al parente più “anziano”. Spetterà a lui il taglio della prima fetta. Una tradizione questa rispettata ancora oggi in moltissime famiglie liguri.
Un tempo le donne lo facevano a casa e poi lo portavano a cuocere nel forno più vicino. Oggi fortunatamente non si è persa la tradizione di farselo da soli. Per chi non ha invece tempo e voglia esistono ancora diversi piccoli produttori capaci di offrire un pandolce genuino con ingredienti sani e di qualità.
Il pandolce genovese ha poi un grande pregio: quello di durare nel tempo. Dopo un mese inizia ad essere un po’ duro e allora basta “rigenerarlo” qualche minuto in forma e torna friabile e gustoso.
Molti abbinano il ricordo delle vacanze di Natale alle colazioni con il pandolce che molti apprezzano anche inzuppato nel cappuccino. Una vera bontà!